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Chiesa di San Donato(Santuario), in assenza di documenti per la datazione della chiesa attuale, sorta su una preesistente chiesa. Alcuni studiosi ipotizzano che l'affrescatura interna sia stata eseguita a più riprese ed abbia seguito di poco l'ultimazione della struttura muraria, fanno risalire pertanto quest'ultima fra il XIII ed i primi anni del XVI secolo. Il Santuario, è stato restaurato dopo il terremoto del 1930, nel 1954 e dopo il terremoto del 1980. Nel 2002 il Comune di Ripacandida con il consenso della sovrintendenza ai beni culturali ha asportato l'intonaco alla facciata esterna. La chiesa è ad unica navata con coro quadrato, coperto da una volta a crociera; nella navata quattro grandi pilastri addossati alle pareti formano tre campate coperte da volte a crociera a sesto acuto e rialzato. È illuminata da finestre che si aprono nella metà superiore delle pareti longitudinali. Di struttura architettonica gotica, conserva un portale seicentesco, e il campanile con due ordini di monofore a tutto sesto col tetto a guglia. La chiesa di San Donato potrebbe essere definita, per antonomasia, la "piccola Assisi" di Basilicata. Infatti, oltre al tipico impianto francescano ad aula unica, priva di transetto e con coro rettilineo, ha, in analogia con la Basilica assisiate, tre campate voltate a crociera ogivale, esempio unico in tutta la regione, ed è affrescata nell'interno per l'intera estensione delle superfici disponibili. Nel 1152 la chiesa appare citata da una Bolla del Papa Eugenio III, insieme a quelle di San Zaccaria, di San Pietro e di San Giorgio; Anche se in alcuni scritti lasciati da seguaci di San Francesco si narra di un eremita vissuto in un eremo nei pressi di Ripacandida “silva de Melfhia” morto, in profumo di santità, il 14 novembre 1241, il quale apparso in sogno ad una donna di Ripacandida le chiese di interferire affinché la sua salma fosse traslata nella locale chiesa benedettina di Santo Stefano. Traslazione che avvenne con una solenne processione alla quale partecipò tutto il popolo di Ripacandida ed anche dei dintorni. Annesso alla chiesa vi è un monastero del 1300 rimaneggiato nel corso dei secoli, con chiostro circondato da un deambulatorio.

SAN DONATO V. M.

Il popolo di Ripacandida ha scelto di festeggiare, il 7 Agosto, quale proprio Santo Protettore San Donato di Arezzo Vescovo e martire morto ad Arezzo, il 7 agosto 362 Della vita del santo si ha conoscenza da un'antica "Passio" scritta secondo la tradizione da Severino vescovo, suo secondo successore sulla cattedra. Bisogna dire che l'intera ‘passio' porta in sé notizie certe ma anche altre che nel tempo sono state confutate dagli stessi agiografi, perché non rispondenti alle date storiche abbinate a certuni personaggi che vi compaiono; la stessa qualifica di martire è posta in incertezza perché in tanti antichi documenti egli è menzionato come “episcopi et confessoris”, tenendo conto che già a partire dal IV secolo il termine “confessore” assumeva per i santi il significato attuale che non è di martire.   Donato, secondo la tradizione, sarebbe morto martire il 7 agosto 362 sotto Giuliano l'Apostata. Nato a Nicomedia (l'odierna Ismit, sul Mar di Marmara, in Turchia), ancora fanciullo venne a Roma con la famiglia, qui fu educato, istruito e fatto chierico da Pimenio. Suo compagno di studi e di formazione religiosa era Giuliano, ma mentre costui giunse a diventare suddiacono della Chiesa di Roma, Donato rimase semplice lettore. S. Pier Damiani nei suoi Sermoni così commenta: “ Ecco che nel campo del Signore crescono assieme due virgulti, Donato e Giuliano, ma uno di essi diverrà cedro del Paradiso, l'altro carbone per le fiamme eterne”. Ma, quando giunse al sommo potere, Giuliano promulgò una nuova persecuzione contro la Chiesa, prima con l'interdizione dalle attività pubbliche e poi anche con la violenza nei loro confronti, ne furono vittime fra gli altri i genitori di Donato ed il prete Pimenio che vennero uccisi.  Donato fuggì ad Arezzo presso il monaco Ilariano a cui si affianca nella penitenza e nella preghiera. Con lui opera tra il popolo prodigi e conversioni e compì numerosi miracoli. Infatti il prefetto della città, che aveva un figlio indemoniato, lo portò alla presenza di S. Donato. Cominciò allora a gridare lo spirito immondo: “In nome del Signor Gesù Cristo, non mi tormentare per forzarmi ad uscire dalla mia dimora!” Donato si mise in preghiera e il giovinetto si trovò liberato. Un uomo di nome Eustachio, esattore del fisco in Toscana, dovendo compiere un viaggio, confidò il pubblico denaro alla custodia della moglie Eufrosina. Costei, vedendo che la provincia veniva invasa dai nemici, nascose il denaro; dopodiché morì. Il marito al suo ritorno non riusciva a trovare il denaro e già stava per essere condotto coi figli all'estremo supplizio, quando si raccomandò all'aiuto di S.Donato. Il Santo si recò col pover'uomo sulla tomba della moglie e dopo aver pregato escla­mò: “Eufrosina, io ti scongiuro in nome dello Spirito Santo di dirci dove hai nascosto il denaro”. Una voce gridò dal sepolcro: “L'ho sepolto nell'ingresso di casa”. Infatti in tal luogo fu trovato. Dopo qualche giorno il vescovo Satiro si addormentò nel Signore e il clero unanime elesse vescovo Donato. Un giorno, mentre il popolo si comunicava durante la celebrazione della messa, il diacono che distribuiva il corpo del Signore cadde per la violenta spinta di un pagano e il calice si ruppe in mille pezzi. Donato vedendo il grande dolore del diacono e di tutti i fedeli, raccolse i pezzi del calice, poi si mise in preghiera e il calice ritornò nella sua forma primiera. Solo un piccolo pezzo mancava poiché era stato nascosto dal diavolo ed è proprio questo fatto che ancor oggi fa testimonianza del miracolo. I pagani alla vista di tanto portento si convertirono in numero di settanta e ricevettero il santo battesimo.   Vicino ad Arezzo c'era una fontana velenosa e chiunque vi bevesse moriva. Allora il beato Donato salì su di un asino e si recò la dove sgorgava tale fonte per purificarla con la sua preghiera. Ed ecco che dall'acqua venne fuori un terribile drago che avvolse tra le sue spire i piedi dell'asino e si slanciò contro Donato. Ma il Santo lo percosse con una frusta, o, come altrove si legge gli sputò in bocca e così lo uccise; poi pregò il Signore ed il veleno sparì dall'acqua. Un'altra volta, mentre Donato era in cammino coi suoi compagni, ebbe sete e una fonte sgorgò dal suolo, non appena si fu messo in preghiera. La figlia dell'imperatore Teodosio, era invasata da un demone. Fu condotta da Donato che le disse: “Esci spirito immondo e cessa di dimorare in un corpo creato da Dio!” E il de­mone: “Dammi modo di uscire e un luogo dove andare”. E Donato: “Donde sei venuto?” E il demone: “Dal deserto”. E il santo: “Ritorna là”. E il demone: “Vedo in te un segno che spira fuoco contro di me: dammi modo di andarmene e me ne andrò”. E Donato: “Ecco, puoi an­dartene: torna donde sei venuto”. Tutta la casa tremò dalle fondamenta e il diavolo se ne andò. Un tale era condotto alla sepoltura quand'ecco che sopravvenne un uomo, con un foglio in mano, e affermando di essere creditore di duecento soldi che aveva prestato al morto, si oppose a che tale seppellimento avvenisse. La vedova si recò in lacrime da Donato e gli narrò come quest'uomo avesse da tempo ricevuto l'intera somma. Allora il santo andò dove era stata deposta la bara, prese la mano del defunto e gli disse: “Ascoltami!” Rispose il morto: “Ti sento”. Disse il beato Donato: “Levati e cerca di sistemare i tuoi affari con quest'uomo che si oppone alla tua sepoltura!”. Il morto si alzò dimostrò in presenza a tutti che aveva pagato il debito, strappò il foglio che il falso creditore teneva in mano, poi disse a Donato: “Fa che riprenda il mio sonno!” E quello: “Figlio, riposa in pace!”. In quel tempo accadde che per tre anni consecutivi non cadesse una goccia di pioggia onde ne venne una si terribile carestia che gli infedeli si recarono dall'imperatore Teodosio e gli chiesero la morte di Donato accusandolo di arti magiche. Allora Donato uscì di casa, si mise in preghiera e subito cadde una pioggia abbondante che inzuppò le vesti degli astanti lasciando all'asciutto solamente il santo. Più tardi, quando i goti invasero l'Italia e molti cristiani rinnegavano la loro fede, il prefetto Evadraciano fece imprigionare i santi Donato e Ilariano che gli avevano rimproverato la sua apostasia. Gli ordinò di sacrificare a Giove; poi, infuriato per il loro rifiuto, ordinò che Ilariano fosse battuto fino all'ultimo sangue e che Donato fosse chiuso in carcere e poi il 7 Agosto del 362 decapitato. Dopo la decapitazione le due parti del corpo di S. Donato subirono una sorte curiosa: non vennero mai riunite nello stesso sacello. Infatti, mentre il suo cranio è conservato nella Pieve di Santa Maria Assunta, le sue membra sono venerate nella sontuosa arca marmorea che funge da altare maggiore in Cattedrale. La ragione di questa separazione viene spiegata da una narrazione tramandata oralmente per secoli e secoli ed a me giunta per bocca di popolani; una bella storia per altro non suffragata da alcun documento, ma che rivela come la fede popolare tenda a supplire la mancanza di certezze con interpretazioni verosimili. Si indicò dunque il luogo in cui il santo vescovo Donato subì il martirio sugli spalti della rocca che sorgeva al sommo del colle sulle cui pendici si estende la città di Arezzo, segnato oggi da una edicola di moderna fattura. La testa spiccata dal busto cadde sul pendio sottostante ruzzolando poi fino al piano, e lì si fermò. Raccolta da un soldato essa venne riportata presso il corpo giacente sul luogo dell'esecuzione.   Ma... non appena  fu posta presso il mozzato collo, come spinta da una mano invisibile, precipitò nuova­mente dallo spalto e, rimbalzando per la strada, andò a fermarsi proprio dove s'era fermata prima. Il prefetto Evadraciano fece un cenno, ed un altro soldato si precipitò per la discesa. Recuperò la testa e la riportò al luogo del supplizio. Gli astanti schierati lungo la via presso la piazza del mercato guardavano fra l'inorridito e l'attonito quanto accadeva. E la testa per la terza volta riprese quella che ormai pareva la sua strada. Già tutta la città era al corrente dei miracoli com­piuti in vita dal santo Vescovo. La massa di spettatori accorsa allo spettacolo del supplizio levò un grido una­nime. Tutti intesero che il giustiziato volesse esprimere la sua ultima volontà, quella che la sua testa restasse nel luogo dove lui aveva battezzato tutti coloro che si erano condotti alla fede nel Cristo. Così, mentre le spoglie mortali del santo venivano portate al cimitero del Pionta per esservi inumate, la sua testa venne trattenuta e celata per anni da coloroche erano già credenti e da coloro i quali, convinti da tanto prodigio credettero in quel giorno. Quando le persecuzioni finirono e l'editto di Costantino venne integralmente applicato, i cristiani di Arezzo edificarono, sul luogo indicato dall'ultimo mi­racolo di S. Donato, la grande chiesa del popolo dei credenti: la Pieve d'Arezzo. Sul luogo in cui riposava il corpo sorse invece la grande cattedrale del Pionta orgoglio della chiesa aretina e grande deposito di una tradizione culturale che si impose per secoli al rispetto dei sovrani e dei papi. Questo straordinario monumento venne abbattuto nel 1560 dalla emergente potenza fio­rentina al solo scopo di privare della propria identità un città che era già grande mille anni prima che sorgesse Firenze. San Donato è rappresentato nell'arte in vesti vescovili ed i suoi attributi sono il calice di vetro riferendosi al miracolo suddetto, il drago da lui combattuto vittoriosamente ed il bastone. Protettore di Arezzo, è celebratissimo in Arezzo ed in numerose altre città italiane, il suo busto si trova in un grosso d'argento della Repubblica Aretina del sec. XIII custodito al Museo Nazionale di Napoli; nella cattedrale di Arezzo vi è la ricca arca marmorea del suo corpo con decine di formelle a cui hanno lavorato artisti insigni, narranti la vita ed i suoi miracoli.   
Patrono di: Arezzo, Ripacandida (Pz), Acerno (SA), Amandola (AP), Anzi (PZ), Barbaresco (CN), Barolo (CN), Biccari (FG), Bomba (CH), Carlantino (FG), Cividale del Friuli (UD), Demonte (CN), Mondovì (CN), Montesano Salentino (LE), Musile di Piave (VE), Rivalta sul Mincio (MN), Rivarolo (TV), S. Donato di Lecce, S. Donato in Collina (FI), Serra Pedace (CS), Umbriatico (KR), San Donato Val di Comino.

Etimologia: Donato = dato in dono, dal latino

Ricerche di Michele Disabato

       
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